“Edward Mani di Forbice – Qualche anno dopo”: un fumetto di Kate Leth e Drew Rausch

“Edward Mani di Forbice” può piacere o meno, ma tutti conoscono il celebre film di Tim Burton, considerato (secondo me, a ragione) uno dei migliori lungometraggi del regista statunitense, se non dell’intera storia del cinema fantastico.

Il finale del film del 1990 non lascia adito a speranze: Kim non ha più incontrato Edward dalla notte della morte di Jim. E’ lei stessa a dircelo, quando racconta la sua storia alla nipote.

Nel fumetto narrato da Kate Leth e illustrato da Drew Rausch ritroviamo Megan, la nipote di Kim, ormai sedicenne. E stavolta sarà lei a proteggere Edward dalla furia cieca e dai pregiudizi della folla.

Nel finale del film abbiamo lasciato Edward nuovamente rinchiuso nel castello in cima alla “montagna” che sormonta la cittadina, al riparo dalla furia degli abitanti di questa, che – grazie alle bugie di Kim – credono che lui e Jim si siano uccisi a vicenda.

Decenni dopo Edward è divenuto una leggenda e sul castello aleggia nuovamente un alone di mistero, esattamente come prima che gli abitanti dei sobborghi venissero a conoscenza della sua esistenza (all’inizio del film di Burton): tutti credono infestata la fortezza e da tempo immemorabile se ne tengono alla larga.

Kim è morta da qualche anno e dalla sua scomparsa non nevica più. Come accadeva prima che arrivasse Edward.

Infatti, come ci dice Kim – ormai nonna – nel film, “prima che lui venisse in questa città la neve non era mai caduta, ma dopo il suo arrivo è caduta”.

Kim non sa ancora che – dopo la sua morte – la neve non cadrà più di nuovo.

Megan è molto affezionata a nonna Kim, nonostante sua madre, Milly, eviti di parlare di lei e trovi scuse per non andare mai a visitare la sua tomba al cimitero. Milly cerca di far passare la madre per una vecchia pazza, che per tutta la vita ha raccontato fandonie e ha difeso un assassino, Edward, che tra l’altro nella realtà (secondo lei) non è mai esistito.

Milly in realtà è arrabbiata per i problemi che la vicenda anni prima ha causato alla propria famiglia e perché ritiene che Kim per tutta la vita sia stata troppo concentrata sul passato e su Edward e – si intuisce – molto poco sull’uomo che poi ha sposato, cioè suo padre.

Di certo Milly non ci appare come la madre di Kim nel film, la dolce Peggy, che ha accolto subito Edward nella propria famiglia, dopo averlo trovato solo ed indifeso al castello, ne ha avuto compassione e se n’è presa cura, sfidando la diffidenza dell’invadente vicinato.

Nonostante gli sforzi di Milly, Megan invece crede da sempre ai racconti della nonna e ha la conferma di come non si trattasse di semplici fantasie e vaneggiamenti di una persona anziana, quando trova dei vecchi scatoloni in cui sono raccolti alcuni oggetti appartenuti a lei.

Meg rinviene una delle palle di vetro collezionate da Kim, ma soprattutto il suo diario: dopo il funerale del suo ex fidanzato Jim, Kim sfoga sulla carta la propria preoccupazione, perché tutti credono Edward un assassino (nella realtà, lo sappiamo, Edward ha dovuto semplicemente difendere se stesso e Kim dalla furia del violento Jim). La stessa Kim ha dovuto mentire a tutti per far sì che Edward non venisse linciato dalla folla e potesse riprendere la propria vita solitaria al castello, creduto morto da tutti.

Anni dopo (e questo lo sappiamo grazie alle scene finali del film) Kim si rammarica di non essere più potuta andare al castello per rivedere Edward, perché controllata dalla madre; inoltre non vuole che Edward la veda ormai anziana: lui deve ricordarla come la ragazzina bionda che danza nella neve da lui creata.

Mentre Meg indaga sul passato della propria famiglia e si scontra con la madre, Edward è rimasto sempre lo stesso, non è invecchiato e continua a vivere nel castello.

Intuiamo come – perlomeno in un’occasione – sia uscito dal castello per fare visita alla tomba di Kim.

I suoi unici contatti col mondo esterno sono gli articoli che legge sui giornali, che continuano ad essergli recapitati e che lui ritaglia ed appende nel camino, come già faceva nel film, assieme a gioielli e medaglie.

Tra questi ritagli però ora risalta il necrologio di Kim.

Nei vecchi libri del suo Inventore (nel film, l’immenso Vincent Price), Edward trova gli schizzi del progetto di una creatura simile a lui: desideroso di compagnia, la cerca ed infine la trova in alcune stanze dimenticate del castello. La porta alla luce e le dà un nome: Eli.

Anche Eli è incompleto: come Edward, al posto delle mani ha degli artigli forti ed affilati. A differenza di Edward, però, a Eli manca un particolare fondamentale: il cuore. Eli al suo posto ha un vano vuoto con uno sportello ed una serratura.

Edward scopre troppo tardi il resto delle annotazioni dell’Inventore: Eli è stato da lui disattivato in quanto ostile.

Eli da subito si dimostra problematico ed ingestibile: nonostante le attenzioni di Edward, che gli fa indossare anche il foulard dell’amato Inventore, uccide un ratto e fugge dal castello. Arriva nella cittadina e spia i bambini che giocano in strada; osserva dalle finestre le famiglie riunite attorno alla tavola imbandita per la cena.

Eli realizza di non avere mani come gli altri e ferisce animali e cose, quando cerca di toccarli o di capire come siano fatti. All’inizio sembra non avere una bocca (solo alla fine ne apparirà una come quelle dei pupazzi) e si infila gli oggetti nelle grandi orbite vuote che ha al posto degli occhi e nel vano con la serratura che ha al posto del cuore.

Nella sua ricerca spasmodica della verità e di una maggiore vicinanza con nonna Kim, nel frattempo Meg trova la chiave del cancello del castello sulla montagna e vi si reca: incontra così Edward, che in un primo momento la scambia per la sua amata Kim.

In un crescendo di disperazione Eli arriva a rapire un bambino: gli abitanti della cittadina credono che questo misfatto, come altri incidenti verificatisi nelle ultime ore, siano opera di Edward, che hanno scoperto essere vivo e vegeto, ma soprattutto reale e non leggendario.

Megan aiuterà Edward a fermare Eli, che purtroppo non sopravvivrà, mentre Edward e Meg avranno un lieto fine.

Il mondo narrato nella graphic novel è quello del film di Tim Burton, anche se presenta qualche comprensibile differenza.

La cittadina ai piedi della “montagna” è sempre la stessa, anche se un po’ più moderna e piena di telecamere, con le sue case allineate tutte uguali e perfette, coi giardinetti curati e le strade vuote. Sembra una città finta, con auto e case dai colori pastello.

Si tratta dello stesso quartiere residenziale di periferia descritto da Tim Burton nel film: i tipici sobborghi della Florida in cui lui stesso è cresciuto.

Nel film di Burton la mattina i mariti partono contemporaneamente con le proprie auto per andare al lavoro, in una sorta di ordinata cerimonia, lasciando in città le mogli, per poi rientrare a casa la sera, con una cerimonia ugualmente ordinata e ridicola.

Nel fumetto anche le mogli lavorano e sono ancora meno attente ai sentimenti dei figli rispetto alle casalinghe annoiate e pettegole del film.

“Edward Mani di Forbice” infatti è una meravigliosa, poetica e romantica fiaba gotica, densa di sentimenti ed insegnamenti positivi, ma anche un’attenta e crudele satira sulla classica famiglia borghese americana; una denuncia dell’ipocrisia imperante nella nostra società; una lotta ai pregiudizi di ogni tipo.

Nel film, alle sequenze squisitamente dark si alternano scene comiche ed esilaranti: come dimenticare la prima cena di Edward con la sua nuova famiglia, con lui che cerca di afferrare le posate e di catturare perlomeno un pisello con le proprie scomode lame? O il siparietto di Edward con una pinza in testa e Peggy che lo trucca per nascondere le cicatrici dei tagli che puntualmente si arreca?

Il fumetto differisce per la mancanza di questa comicità, se si eccettuano ad esempio le tavole di Eli che strappa ciuffi di pelo al buffissimo barboncino Simon, che mano a mano rimane calvo.

I disegni del fumetto riproducono fedelmente interni ed esterni del castello: le grandi siepi modellate da Edward nelle forme (fantastiche e non) più disparate sono ancora tutte lì. E pure le ampie volte, le lunghe scale, le ringhiere, le vetrate gotiche, le sculture, i libri ed i marchingegni dell’Inventore.

Anche le decorazioni del cancello che tiene separati il mondo fatato del castello da quello ordinario dei sobborghi sono le stesse del film del 1990.

Adulti e bambini del mondo di Megan però sono addirittura più fastidiosi di quelli del mondo di Kim: se questi ultimi a modo loro ci erano simpatici, stavolta il vicinato è riprodotto in modo impietoso e brutale.

Gli stessi genitori di Megan risultano antipaticissimi: il padre appare un inutile uomo appiccicato alla tv e distratto; Milly, figlia di Kim e madre di Megan, di certo non trasuda dolcezza come Kim/Winona Ryder nel film, bensì isteria ed insofferenza.

La stessa Megan è disegnata come un’adolescente sensibile, ma scialba ed anonima, invisibile.

Rimane in ogni caso il personaggio “buono” e positivo del fumetto, assieme ad Edward.

Lo stesso Eli in realtà non è affatto cattivo.

Anche quando tiene prigioniero il bambino rapito, Eli si rivela semplicemente una sfortunata creatura desiderosa di essere come tutti gli altri. Vuole delle mani, desidera un cuore. Cerca una chiave per la propria serratura, in modo da poter funzionare come i giocattoli che smonta e rimonta. Eli è disperato, perché le proprie mani feriscono gli altri e non può interagire con loro.

Alla fine Eli si fa del male da solo, lacera il proprio corpo, strappa via i propri ingranaggi, alla ricerca del proprio cuore: perché ha visto che addirittura Edward – l’unico essere simile a lui – ne ha uno.

I veri cattivi nel fumetto – come nel film – sono gli abitanti dei sobborghi, la gente “normale”. Cattivi sono addirittura i loro figli, i bambini. Cattivi sono coloro che hanno paura del diverso e ne fanno un mostro.

Quando vede Edward per la prima volta, il bambino rapito da Eli ha paura di lui, invece di vederlo come il proprio salvatore, arrivato assieme a Megan per liberarlo dalla prigionia in cui lo ha relegato Eli: perché è “uguale a Eli”, quindi un mostro pure lui.

La folla inferocita fa paura, è violenta e cattiva. E’ la stessa folla che nel film entra nella proprietà del castello per catturare Edward: la stessa folla che mette al rogo le streghe, che nella storia dell’uomo puntualmente si accanisce contro il mostro, il diverso di turno.

Nel fumetto ha un ruolo negativo addirittura il poliziotto: nel film, invece, è compassionevole e aiuta Edward fino alla fine, aiutandolo a tornare al castello e facendolo credere morto agli abitanti della cittadina.

“Edward Mani di Forbice – Qualche anno dopo” di Kate Leth (quella di “Adventure Time”, “Hellcat” e “Vampirella”) e Drew Rausch (“Eldritch!”, “Sullengrey”, “Haunted Mansion”, “Cthulhu Tales”, giusto per citarne qualcuno) è un fumetto di semplice lettura: le pagine scorrono leggere e veloci; il lettore le divora, curioso di capire come andrà a finire stavolta.

La trama è ancora più semplice di quella del film, ma il tema rimane complesso e fa riflettere.

A parte le considerazioni di cui sopra, su cattiveria, mostri, pregiudizi e ipocrisia, fa sicuramente tenerezza rivedere Edward; scoprire che sta bene e ha continuato la propria vita; avere un’ulteriore conferma – grazie alle parole di Meg e Milly – di come Kim non l’abbia mai dimenticato e – purtroppo per lei – abbia vissuto nel suo ricordo.

Nel fumetto però c’è un lieto fine, a differenza del film: Edward è finalmente riconosciuto innocente e sembra iniziare una nuova vita dove sarà accettato dagli altri e addirittura dalla madre di Megan. Peccato solo che il lieto fine arrivi quando Kim ormai è morta.

La graphic novel originariamente è stata pubblicata negli USA nel 2015 dalla mitica IDW Publishing, ma in Italia arriva nel 2017 grazie alla Nicola Pesce Editore.

L’edizione cartonata della NPE è carinissima, molto nera e viola anche al proprio interno.

La vicenda è intervallata da tavole a tutta pagina con le sculture-siepi di Edward e alcuni primi piani di Edward stesso.

Alla fine del volumetto troviamo delle pagine con ulteriori tavole, alcune molto belle, disegnate da Rausch come da altri artisti, le schede di alcuni personaggi e gli schizzi delle prime tavole della storia.

Il disegno di Drew Rausch a tratti è molto spigoloso, caricaturale, quasi isterico.

I lineamenti dello stesso Edward si discostano abbastanza da quelli perfetti di Johnny Depp.

Personaggi e ambienti sono molto colorati, se si eccettuano le stanze del castello, che rimangono piuttosto oscure, come nel film.

E oscuri sono in alcune tavole anche gli occhi di Edward: quando è triste e pensieroso, i suoi grandi occhi diventano completamente neri e profondi come pozzi, immensi come un cielo stellato.

In questi disegni Edward mi ha riportato alla mente alcune tavole di Sandman.

I protagonisti positivi del fumetto di Leth e Rausch hanno il naso a punta come alcuni personaggi (non sempre positivi) di “Siamo fatti così” (o “Esplorando il corpo umano”, a seconda delle edizioni), la famosa serie francese di Albert Barillé.

Quando tratteggiano gli abitanti della cittadina, i disegni di Drew Rausch divengono a dir poco grotteschi (e i nasi enormi e quasi porcini). Le tavole in cui gli abitanti dei sobborghi si precipitano al castello per catturare Edward rivelano lineamenti (e animi) deformi, crudeli.

Realizzare un sequel è sempre rischioso e solitamente produce dei risultati piuttosto deludenti.

Stavolta il problema non si pone, se non altro perché il sequel ad opera di Kate e Rausch è un fumetto e non un film: il capolavoro di Tim Burton è troppo perfetto e spero che nessuno si azzardi mai a replicarlo su pellicola.

Il volume pubblicato in Italia dalla NPE raccoglie solo una parte dei fumetti originariamente usciti per la IDW, che sembrerebbero quindi rappresentare l’inizio di una nuova serie di avventure di Edward Mani di Forbice.

Non ci resta che attendere i futuri nuovi volumi, se mai verranno tradotti in italiano, o recuperare quelli in lingua originale della IDW.

Perché grande rimane la voglia di non perdere di vista Edward: creatura nata artificiale, ma più sensibile ed umana di tanti esseri umani “veri”.

2 thoughts on ““Edward Mani di Forbice – Qualche anno dopo”: un fumetto di Kate Leth e Drew Rausch

  1. Che dire (scrivere) sopo una recensione come questa? Clap clap clap.
    Mi hai fatto voglia di rivedere il film.

Rispondi a gabriele padovan Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *